«Mio nonno aveva il 70 per cento delle azioni Fiat in portafoglio e le gestiva dando dividendi bassi e in massima parte a se stesso. Preferiva accantonare a riserva e con le riserve costruì la grande Mirafiori». Questo raccontava l’avvocato Gianni Agnelli, che invece preferiva dividendi alti e il ricorso a denaro pubblico per allargare l’azienda. Il di lui nipote nonché erede John, di «grande» in Italia sta lasciando ben poco. A conti fatti il Gruppo automobilistico, che in dieci anni ha cambiato due volte nome, quanto ha ricevuto dallo Stato italiano? E a fronte di quali impegni? È noto che nella fase Fiat il gruppo ha potuto contare su un’ingentissima quantità di fondi pubblici. Interi stabilimenti al Sud sono stati costruiti con risorse di Stato (Melfi, Termini Imerese).
Cambia il nome e la sostanza.
Il 12 ottobre 2014 dalla fusione di Fiat e Chrysler nasce Fiat Chrysler Automobiles (FCA), con sede legale ad Amsterdam e domicilio fiscale a Londra. Dal governo Conte II, FCA riceve 6,3 miliardi di prestito coperto da garanzia pubblica. Denaro utile alla fusione con il gruppo francese Psa, da cui nasce, il 17 gennaio 2021 Stellantis, che poi si libera dai vincoli saldando i conti con un anno di anticipo. Al comando arriva Carlos Tavares: 23 milioni di euro l’anno.
Aiuti di Stato
Dopo l’introduzione del registro degli Aiuti di Stato, prima come FCA e poi come Stellantis, hanno ricevuto 886,4 milioni di € per ammortizzatori sociali.
Dipendenti
10 anni fa il gruppo in Italia aveva 52.740 dipendenti, alla fine del 2023 erano 42.740, nel 2024 si parla di 3.000 esuberi, non difficile da trovare dato che tra Melfi e Mirafiori l’età media dei dipendenti è di 57 anni.
Dividendi faraonici
A partire da gennaio 2021 a maggio 2024 Stellantis ha distribuito 16,4 miliardi di euro di dividendi, ed Elkan afferma che in futuro aumenteranno.
Ecoincentivi a tutte le auto


Gli impegni che erano stati presi, al momento sono solo chiacchiere.
Fonte dei dati e citazione: Fiat-FCA-Stellantis: i soldi che hanno preso dallo Stato e in cambio di cosa | Milena Gabanelli
Come avete visto Gianni Agnelli che amava la dolce vita, forse più della sua azienda, era molto diverso dai suoi predecessori anche nella gestione. Uno su tutti Vittorio Valletta aveva dato alla FIAT non solo un peso economico, ma anche politico, infatti, divenne la prima e più importante industria automobilistica in Europa e tale posizione le permise di firmare un contratto con l’URSS per fabbricare uno stabilimento in grado di produrre 600.000 FIAT 124 all’anno a Togliattigrad.

È fu così che nacquero le famose “Zhiguli”.

Come potete notare e intuire, non è stato il nostro ministro degli esteri a muoversi, non fu nemmeno coinvolto all’atto della firma che avveniva tra uno stato ed un’azienda privata. Va bene, so cosa pensate. C’era la guerra fredda, col cavolo che un qualsiasi ministro di un governo italiano, tassativamente di destra, si sarebbe mai sognato una cosa simile in un periodo di guerra fredda tra USA e URSS. Periodo in cui gli americani erano perennemente alla caccia di fantasmi comunisti. Le altre industrie automobilistiche europee dell’epoca non erano state ritenute all’altezza. In Italia avevamo, quindi, un personaggio che ha permesso alla nostra industria automobilistica di diventare una primizia nella diffusione dell’automobile per tutti, un equivalente di quel che fece Steve Jobs verso la fine degli anni ’70, fare computer che tutti potevano avere.
Perciò il valore di Vittorio Valletta era doppiamente grande, far emergere a livello mondiale la FIAT e fare accordi con l’URSS nel periodo di guerra fredda.
Dal subentro di Gianni Agnelli a 46 anni al posto di V. Valletta nel 1966, iniziò a cambiare tutto, non faceva sforzi per proiettare l’azienda a superare le sfide nei decenni successivi, ma avendo passato gli ultimi 20 anni a fare il distinto rampollo della società bene di Torino forte di capitali da spendere, deve essersi convinto che per lui era più importante il suo status rispetto al resto. Così più che stare al passo dei tempi, ha condotto operazioni finanziarie fino ad arrivare alla clamorosa guida di Marchionne che si ritrovò senza modelli nuovi da proporre al mercato e da lì è iniziata anche la morte dei vari ed illustri, oltre che blasonati marchi italiani, uno su tutti la Lancia, l’Alfa Romeo è sulla strada. L’alfa non ha più l’obiettivo d’appassionare il grande pubblico, solo produrre modelli SUV di classe superiore per fare concorrenza alle tedesche in una ristretta nicchia.
Nel 2013 il mercato vide la gloriosa e stupenda 4C dell’Alfa Romeo e tutti ci stavamo dicendo che il marchio amato dagli sportivi italiani sta tornando, l’auto era un successo globale, ma questi idioti quando hanno visto che potevano venderne molte di più non hanno cercato di risolvere il problema chiave. Produrre il telaio in fibra di carbonio ci vuole tempo e la produzione era bassa ma non hanno nemmeno proposto allestimenti diversi, ancora meno aggiornamenti. Nulla. La produzione si è interrotta nel 2021, il modello era ancora quello del 2013.
Fine dell’Alfa Romeo 4C (definita da Forbes auto da collezione), arriverà una versione ibrida?
La fine della produzione dell’Alfa Romeo 4C (definita da Forbes auto da collezione) con richieste di mercato ancora alte, sarà un errore a cui Stellantis potrà rimediare aggiungendo una versione ibrida?
E la Maserati? Hanno intenzione di interrompere la produzione dell’ultimo modello per calo vendite, per fortuna che la Ferrari sembra interessata ad acquistare il marchio.
La gestione finanziaria del gruppo ha di fatto disperso un capitale economico e creativo italiano immenso. Hanno spostato amministrazione e fiscalità all’estero. Gli sono rimasti 42.000 dipendenti, riceveranno sempre meno aiuti dallo stato italiano e per sopravvivere si sono fatti comprare confluendo in un gruppo che oggi si chiama Stellantis di cui la finanziaria della famiglia Agnelli, la Exor (una holding finanziaria olandese), detiene solo il 14,4%.
Penso che la maggior parte degli italiani si ritengano offesi per come sono stati trattati dopo tutto quello che abbiamo saputo dare e che oggi sicuramente gli Agnelli sopravviveranno a molte crisi attuali e future, ma li considero al pari di una famiglia che abbandona i figli.

Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.